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Immagine del redattoreSimona Di Lucia

2 agosto 1980: quel tragico sabato della “strage” alla stazione di Bologna


Il 1980 è stato un “annus horribilis” per l’Italia e per gli italiani. Tra i tanti tragici eventi che interessarono la nazione, si ricordano: l’assassinio di mafia, con risvolti terroristici, del Presidente democristiano della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella; l’omicidio, ad opera delle Brigate Rosse, del docente universitario, nonché esponente democristiano, Vittorio Bachelet; l’esecuzione di stampo terroristico, ad opera di esponenti dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), del magistrato Mario Amato; la misteriosa strage di Ustica, con l’abbattimento di un aereo DC-9, nello spazio aereo compreso tra le isole di Ponza e Ustica, in cui morirono 81 persone; il devastante sisma dell’Irpinia, in cui persero la vita migliaia di persone; la strage di Bologna, in cui perirono 85 persone.

Quest’ultimo traumatico evento sintetizza in modo efficace il difficile periodo che la penisola italiana attraversava in quell’anno. L’attentato compiuto, sabato 2 agosto 1980, alla stazione ferroviaria di Bologna centrale, gettò nello sconforto e nella disperazione, Bologna e l’Italia intera. Alle 10:25 di quell’afosa giornata, un ordigno sistemato nella sala d’aspetto della stazione di Bologna, esplose con tutta la sua devastante potenza, provocando 85 vittime e il ferimento di 200 persone. Si tratta del più grave atto terroristico avvenuto nella storia repubblicana, che costituisce, al tempo stesso, uno degli eventi più tragici degli “anni di piombo”, assieme alla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, alla strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 e alla strage del treno Italicus del 4 agosto 1974.

Tali attentati si inserirono nella cosiddetta “strategia della tensione”: una teoria politica che fa riferimento, in particolar modo, ad un periodo che intercorre tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80 del XX secolo, dove organizzazioni paramilitari, gruppi terroristici, logge massoniche e servizi segreti deviati tentarono di sovvertire con la violenza, con le armi e col sangue, l’ordine democratico costituito.

Ed è proprio questo l’intento degli attentatori della stazione di Bologna, nonché dei loro mandanti, che in quel terribile 2 agosto 1980 materializzarono il terrore nel centro di Bologna. L’attentato fu devastante al punto che alcuni cadaveri furono scaraventati a decine di metri di distanza, mentre alcune vittime furono fatte letteralmente a pezzi, o disintegrate e, successivamente, identificate solo grazie a tracce del DNA. Come esecutori materiali della strage sono stati arrestati e, poi, condannati i due terroristi Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, neofascisti, componenti dei NAR, che sono stati dichiarati definitivamente colpevoli, assieme a Luigi Ciavardini e a Gilberto Cavallini.

Risultarono, inoltre, coinvolti per la strage di Bologna, l’ex capo della P2, Licio Gelli, gli ufficiali del SISMI, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e il faccendiere Francesco Pazienza (collaboratore del SISMI), che furono condannati per il depistaggio delle indagini. L’esplosione delle due valige contenenti 23 chili di tritolo, all’interno della sala d’aspetto della stazione di Bologna, provocò un autentico “scenario di guerra” e i soccorsi risultarono, per queste ragioni, molto complicati.

Nonostante queste difficoltà, i soccorsi furono attivati immediatamente e tanti cittadini bolognesi, unendosi ai viaggiatori presenti, si resero disponibili, al fine di prestare concreti soccorsi alle vittime, contribuendo in modo efficace ad estrarre le persone sepolte sotto le macerie: la corsia di destra dei viali di circonvallazione del centro storico di Bologna, su cui è stata edificata la stazione, fu deputata allo stazionamento delle ambulanze, nonché all’utilizzo di altri mezzi di soccorso. Poiché l’attentato provocò un grande numero di feriti, non c’erano mezzi sufficienti al trasporto di questi ultimi, verso gli ospedali cittadini; in ragione di ciò, i vigili si servirono anche di autobus: in particolare, fu utilizzato quello della linea 37, nonché auto private e taxi.

Il Presidente della Repubblica di quel periodo, Sandro Pertini, giungendo in elicottero a Bologna, poche ore dopo l’attentato, rilasciò alla stampa una dichiarazione, proferendo testuali parole: «Non ho parole, siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia».

I familiari delle vittime della strage di Bologna si costituirono in un’associazione, il 1° giugno del 1981, al fine di far luce, attraverso le sedi istituzionali e giurisdizionali opportune, sulle reali responsabilità di mandanti ed esecutori dell’attentato che chiuse la “strategia della tensione” e che è stato connotato da tanti misteri e depistaggi. La strage di Bologna lasciò un segno indelebile nella storia italiana e l’opinione pubblica ne fu profondamente scossa. Si ricordi che l’attentato dinamitardo è stato coperto per tanti anni dal segreto di Stato, che è stato tolto solamente molti anni dopo, con una direttiva del 22 aprile 2014, rendendo consultabili a tutti i cittadini, i fascicoli relativi a questa strage.


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