L’ascesa, la consacrazione e la caduta dell’imprenditore Giorgio Mendella, originario della Brianza, ma adottato dalla città di Viareggio, rappresenta la metafora dei consumistici e spensierati anni ’80 del ‘900, in cui tutto sembrava possibile e ogni sogno poteva tramutarsi in realtà. Il percorso esistenziale e professionale di Mendella fu molto tortuoso, ragion per cui, prima di arrivare al successo, questo yuppie, affermatosi nella seconda metà degli anni ’80, dovette sudare le proverbiali “sette camicie”.
Diplomatosi come perito elettronico, Mendella studiò, in seguito, informatica ed economia, come autodidatta: egli svolse, inizialmente, le mansioni di fattorino, al servizio di una galleria d’arte, il cui proprietario, verso la fine degli anni ’70, gli propose di apparire sugli schermi di “Bergamo TV”, al fine di pubblicizzare quadri ed altre opere d’arte, attraverso le televendite. Nel corso degli anni ’80, Mendella fondò una propria emittente televisiva, “Rete mia” ed in seguito, all’inizio degli anni ’90, creò il gruppo “Intermercato”: si trattava di una holding che aveva sotto il suo controllo svariate società, il cui giro d’affari, secondo informazioni dettagliate della stampa di quel periodo, ammontava ad oltre 1.000 miliardi di lire. Inoltre, Mendella era proprietario delle società “Capitalfinanziaria”, “Domovideo”, “Fin Versilia”, “Pubblimercato ’90”, “Interco”, “Mass Assicurazioni” ed un’altra miriade di società, tra le quali era compresa la squadra di calcio del Viareggio. All’interno dello Stadio dei Pini di Viareggio, Mendella era solito organizzare convention con migliaia di soci-investitori: secondo quanto riportato dal quotidiano Il Giornale, l’imprenditore, nell’anno 1989, fu il creatore della prima public company in Italia.
Successivamente, Mendella fece il suo ingresso nel mercato libero della telefonia, con un satellite per telecomunicazioni, fondando la società “Primosat Corporation”, con sede a Viareggio. In seguito alla caduta del muro di Berlino, Giorgio Mendella entrò all’interno dei mercati dell’Europa orientale, attraverso iniziative commerciali, immobiliari e turistiche, dopodiché aprì in Romania, e precisamente nella capitale Bucarest, un supermercato che vendeva merce occidentale attraverso la valuta locale, che era il leu romeno.
Tuttavia, all’inizio degli anni ’90, l’impero finanziario creato da Giorgio Mendella iniziò a scricchiolare: dapprima vi fu la sospensione delle azioni ad opera della CONSOB, in ragione della violazione di una legge, dopodiché l’autorità giudiziaria spiccò un mandato di cattura con accuse formulate nei suoi confronti, che andavano dall’associazione a delinquere, alla truffa, alla sollecitazione abusiva al piccolo risparmio, all’esercizio abusivo della professione e al falso in bilancio. Una “tempesta giudiziaria” che spazzò via la “piramide d’oro” che Giorgio Mendella aveva abilmente costruito nel corso degli anni del “Secondo boom economico”. Nel mese di gennaio del 1995, l’imprenditore tosco-lombardo venne arrestato e tradotto nel carcere milanese di San Vittore; dopo quattro anni dal suo arresto, nel 1999, Mendella fu condannato dal Tribunale di Lucca per bancarotta fraudolenta, che in parte lo assolse dagli altri reati e in parte ne dichiarò l’intervenuta prescrizione per altri tipi di reati. La motivazione della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Lucca faceva riferimento alla somma che allo stesso era imputata, come “utilizzata per fini personali”, quantificata in 984 milioni di lire. Un articolo del quotidiano L’Unità del 27 gennaio 1992, a firma del giornalista Piero Benassai, intitolato “Odore di mafia nel crollo Mendella”, di cui riportiamo alcune testuali parole, asseriva: «VIAREGGIO. L’impero del telefinanziere Giorgio Mendella si è quasi disintegrato ed attorno ai resti delle 59 società controllate tramite Intermercato c’è grande movimento. Alcuni finanzieri si sono mossi quasi subito dopo l’emissione dell’ordine di cattura nei confronti del teleimbonitore, emesso il 19 marzo scorso dal sostituto procuratore della repubblica di Lucca, Gabriele Ferro. Un intrigo molto complesso in cui figurano, direttamente o indirettamente, personaggi politici locali, figli di chiacchierati uomini d’affari in amicizia con boss mafiosi e forse anche un parente del magistrato che sta conducendo le inchieste».
Attualmente, Giorgio Mendella continua ad essere operativo in progetti inerenti l’imprenditoria, anche nei confronti di alcuni settori dell’establishment finanziario e del mondo dello spettacolo, con cui ha avuto intensi rapporti in passato.
Le grandi possibilità offerte dal boom economico degli anni ’80 (soprannominato anche il “falso boom”), ad imprenditori d’assalto come Giorgio Mendella, di conquistare dopo alcuni anni, celebrità e fama, hanno rappresentato, allo stesso tempo, un boomerang che, successivamente, gli è piombato addosso con tutta la sua forza, dato che quegli “anni rampanti” di crescita economica e di forte consumismo, sono stati attraversati anche da una corruzione generalizzata, che ha percorso l’Italia da Nord a Sud e di cui Giorgio Mendella ne è stato il "prototipo". Purtroppo, bisogna constatare che anche l’ondata moralizzatrice di inizio anni ’90, che attraverso le indagini giudiziarie ha abbattuto un “sistema di potere” che stava collassando, dopo la caduta del Muro di Berlino e dopo il verificarsi di altri importanti avvenimenti economico-politici italiani ed internazionali, non è riuscita ad estirpare il fenomeno della corruzione, che permane ancora negli anni 2020, con tutta la sua drammaticità.
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