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Orrore sugli autobus del trasporto pubblico a Taranto: abusata una ventenne con problemi psichici

Immagine del redattore: Simona Di LuciaSimona Di Lucia

Dopo i tragici accadimenti dello Yacthing club di San Vito, borgata balneare situata a Nord di Taranto, dove, nella notte tra il 22 e il 23 luglio 2021, una sparatoria avvenuta nel locale ha provocato diversi feriti, un altro scioccante fatto di cronaca ha scosso la “città dei tre mari”: le confessioni di una giovane ventenne con problemi psichici di Taranto, hanno aperto agli inquirenti uno squarcio di luce su due anni bui, in cui si sono verificati ripetuti abusi sessuali che, purtroppo, l’hanno vista protagonista. I fatti criminosi in oggetto fanno riferimento a violenze sessuali subite dalla ragazza, in modo continuativo, nell’arco di circa due anni (da ottobre 2018 ad aprile 2020), sui mezzi di trasporto pubblico dell’AMAT di Taranto, ad opera di un gruppo di autisti di tale società partecipata.

Gli autisti procedevano con gli autobus di linea verso luoghi isolati, dove sostavano per un certo periodo di tempo, dopodiché bloccavano le porte dei mezzi pubblici e praticavano violenze di natura sessuale, ai danni della giovane vittima. Alcuni autisti si sono limitati a palpeggiamenti e molestie di natura sessuale, mentre altri conducenti hanno avuto rapporti sessuali completi con la vittima, che evidentemente era in uno stato di inferiorità psichica, in quelle situazioni di sottomissione fisica e psicologica.

Gli autori dei reati hanno un’età compresa tra i 40 e i 62 anni, e devono rispondere di varie imputazioni che gli sono state addebitate dalla magistratura: gli otto imputati sono accusati di violenza sessuale, con le aggravanti di aver agito su una persona sottoposta a limitazioni della libertà personale, dato che gli abusi avvenivano sugli stessi autobus di linea.

Gli autobus di linea si possono annoverare tra i “nonluoghi” teorizzati dall’antropologo e filosofo francese Marc Augè, ossia quegli spazi dell’anonimato frequentati da individui simili, ma sostanzialmente soli. Questi spazi non identitari, non relazionali e non storici, che – nel caso di tali tipi di “dimore ambulanti” – conducono le persone nelle diverse destinazioni, hanno finito con l’assomigliare al traghetto infernale del Canto III della Divina Commedia, con i conducenti, “novelli Caronte”, che hanno portato la ragazza in un Inferno di violenze e di minacce, durato circa due anni.

Gli autisti della partecipata pubblica tarantina, oltre alle gravi condotte messe in atto, che gli vengono contestate dagli inquirenti, hanno tradito la propria mission aziendale: gli autisti, che dovrebbero avere in custodia le nostre vite, proprio in ragione del lavoro che svolgono, si sono macchiati di reati gravissimi: nel caso in cui le accuse venissero confermate, si tratterebbe di reati commessi nell’esercizio di funzioni pubbliche.

I reati oggetto di indagine risultano di una gravità assoluta, per vari motivi: a) si è già fatto riferimento ai reati sessuali commessi, in ragione dello stato di minorazione psichica della vittima; b) si è analizzata la fattispecie criminosa dei reati, che risultano connessi allo stato di servizio pubblico dei dipendenti accusati; c) il terzo elemento di estrema gravità è rappresentato dal fatto che si tratta di reati di gender, reiterati nel tempo, attuati ai danni di una giovane donna, che ha costituito l’oggetto del desiderio degli otto autisti, che volevano non solo soddisfare i propri appetiti sessuali nei confronti della vittima, ma desideravano anche affermare il proprio dominio su una ragazza indifesa e fragile che risultava, per questo, probabilmente, ancora più appetibile ai loro occhi.

C’è, tuttavia, un elemento positivo in questa triste vicenda, legato proprio all’identità maschile: ci si riferisce al coraggioso fidanzato della ragazza, che ha convinto la stessa a denunciare tali reati agli organi inquirenti, rompendo così un “muro di omertà” che avrebbe lasciato impunita questa terribile violenza.

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Simona Di Lucia

Criminologa Investigativa e Forense

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