In questo periodo di pandemia, isolamento sociale e misure restrittive, la violenza non si attenua: restare a casa forzatamente, per molte donne, rappresenta un pericolo, dato che tale situazione di restrizione favorisce dei rischi legati alla violenza, nelle sue molteplici forme.
Le donne, in questo momento di convivenza forzata, non sono al sicuro, all’interno delle mura domestiche: la violenza (psicologica, verbale e/o fisica) può colpirle in qualsiasi momento ed in qualunque modo. I casi di violenza domestica, in questo periodo di quarantena, sono in aumento; i dati riguardanti i femminicidi, in Italia, registrano una continua crescita: ogni 3 giorni muore una donna, uccisa da partner, mariti, conviventi o ex-congiunti. Il numero di donne assassinate, dall’inizio dell’esplosione del coronavirus (21 febbraio 2020) ad oggi (30 aprile 2020), è pari ad 11.
La salute, come diritto fondamentale[1], è un elemento immancabile, all’interno di uno schema di causa ed effetto, azione e reazione, in cui si snodano e si intrecciano fattori psicofisici, che risultano sintomatici dello stato di cose di un intero Paese.
Questo bene giuridico, tutelato dalla nostra Costituzione, non può essere scisso dalle connessioni con la struttura sociale, in quanto non è un universo chiuso: le donne in questo momento storico, vivono situazioni di violenza intrafamiliare e sono maggiormente soggette ad uno stato di pericolo, risultando, talvolta, vittime di agghiaccianti sequenze di fenomeni antisociali. Sono le donne, molto spesso, a pagare il prezzo maggiore di queste azioni devianti, che sono l’effetto di una condivisione familiare, o quantomeno abitativa, con i partner maltrattanti.
Il sistema sociale, in tal modo, rischia di implodere dinanzi a questo cortocircuito della coppia, che stringe le donne in una morsa a tenaglia: da una parte vi sono i rischi legati alla pandemia, dall’altra, i rischi connessi ad atti violenti, legati al gender.
Le donne, quindi, sono costrette, soprattutto in questo periodo di emergenza, a confrontarsi con pericoli di carattere virale e situazioni conflittuali, in ambito domestico: un ingombrante duplice peso, che devono portare addosso, convivendo con paure e, a volte, traumi, che si condensano in un pericoloso vortice, che sembra sospenderle spazialmente e temporalmente.
Il “nemico invisibile”, rappresentato dalla pandemia, ha provocato un processo di disequilibrio sociale, dal quale sono scaturiti dei mutamenti che investono e investiranno, sempre di più, il tessuto connettivo della società globale.
Questa situazione di costrizione blocca gli individui all’interno di spazi fisici ed emotivi forzati, favorendo il moltiplicarsi di fenomeni violenti, che implementano negli esseri umani, quell’aggressività innata, ereditata dal mondo animale e definita “tensione competitiva”[2]. Una pulsione combattiva che fin dalle origini ha spinto l’uomo a procurarsi il cibo, a difendere il proprio territorio, soprattutto nel corso di eventi devastanti per i popoli e per le nazioni: ai tempi del coronavirus, non è facile prevedere come forme di aggressività possano manifestarsi e svilupparsi, in uno stato di reclusione forzata, che può favorire episodi di tipo criminale. Questa pandemia che sembra a noi umani, quasi come una sorta di “Alien”[3], un oggetto alieno xenomorfo, che nell’asmatico panorama dell’anno 2020, si insinua nelle strade, nelle piazze, negli edifici, plasmando pensieri, sensazioni ed emozioni delle persone, materializzandosi con la sua terrorizzante seminvisibilità.
Con l’accentuarsi di situazioni conflittuali all’interno della coppia, già presenti prima del Covid-19, ma deflagrate in seguito ad una convivenza obbligata, esasperata da un’emotività forte, fa sì che, ad un certo punto, la coppia scoppi.
E allora, in che modo i soggetti in stato di pericolo possono chiedere aiuto, in questo periodo in cui la privacy è ridotta al minimo?
Ci sono degli strumenti di tutela per il contrasto dei fenomeni di violenza: le donne possono rivolgersi, in questo momento di restrizioni, ad associazioni antiviolenza, centri antiviolenza, senza rivelare al partner violento, però, le proprie intenzioni, per evitare situazioni di impatto frontale in ambito relazionale, che possono innescare situazioni di pericolo per le stesse.
[1] Montruschi L., Articolo 32, in Commentario della Costituzione – Rapporti etico-sociali, (a cura di) Branca G., Zanichelli, Soc. ed. Foro Italiano, Bologna-Roma 1976; Santosuosso A., Dalla salute pubblica all’autodeterminazione: il percorso del diritto alla salute, in Medicina e diritto, a cura di Barni A., Santosuosso A., Milano 1995. [2] Lorenz K., L’aggressività, Il saggiatore, Milano 2008. [3] Cocci S., Alien. Misteri, inquietudini e segreti del film cult di Ridley Scott, Ultra Edizioni, Roma 2019.
Comments